Compar Vittorio
posted in Voci - by Biru per gentile concessione a LucaniArt
di Biagio Russo
Una bambina scarmigliata, sudata per l’afa e per la corsa, irruppe nella bottega di Vittorio il tabaccaio, sotto le colonne fasciste di Piazza della Croce. L'ometto pingue e calvo, seduto a rovescio, stava sonnecchiando placido sugli avambracci incrociati sullo schienale.
Il caldo pesava sul respiro e sui movimenti gastrici di una digestione lenta ma rumorosa. Persino le mosche, nell’inerzia pomeridiana d’agosto, tacevano tra gli scaffali polverosi e inerti, zeppi di contenitori dalle mille fogge.
La voce della creatura franò senz'argini nella sacra ara della controra: «Cumpà Vittò ha dìtt mamma se mi putît ra ciént lîr r’ spirît».
Alla luce rovente che aveva invaso il negozietto, e contro cui si stagliava la sagoma spigolosa della bimba, Vittorio il tabaccaio oppose un pigro grugnito, mentre la mano tozza e bianchiccia riparò gli occhi feriti dall’irruzione del sole. Si sollevò. Lentamente. Molto lentamente.
La leva sui gomiti gli evitò che le ginocchia informicolite lo ricacciassero sui vimini logori della sedia e si diresse verso un antro che ne inghiottì la rotonda figura.
Solo lo strascicare delle pantofole giungeva alle orecchie della bambina, che nel frattempo cercava di detergere il sudore con il dorso delle manine. Senza però accorgersi delle striature nere che involontariamente si disegnava sull'ovale lentigginoso.
Dopo un po', il trambusto nel ripostiglio cessò. E il lamento delle pantofole anticipò l'epifania di compar Vittorio.
Con una mano reggeva un damigianotto impagliato a metà, da cui si intravedeva lo sciabordare dell’alcool. Il moto ondulatorio accompagnava il lento ritmo tribale dei suoi piccoli passi. Con la sinistra reggeva invece un piccolo imbuto macchiato dal tempo.
La bambina si affrettò a tirar fuori dalla tasca del grembiulino una minuscola bottiglietta di gazzosa, che liberò del sughero. Lo schiocco rimbalzò sotto le travi tarlate. E attese.
«Cummaré sintît si è chist ca vôl mamma vosta».
L’odore familiare le punse le narici, e una smorfia le accostò le labbra al naso, mentre la testolina freneticamente assentiva.
Compar Vittorio richiuse il damigianotto e, lemme lemme, ritornò verso il nulla. La bambina, esterrefatta, con la bottiglietta a mezz’aria, osservava intanto i movimenti del tabaccaio, che ritornato si era appollaiato sulla sedia. Incrociò di nuovo le braccia sullo schienale e richiuse gli occhi, con l’espressione di un beato in paradiso. Silenzio.
La bambina farfugliò qualcosa per attirare l'attenzione e quando capì dai sopraccigli inarcati dell’ometto di essere osservata, sollevò la bottiglietta vuota agitandola più volte, a mo' di campanellino.
«Cumpà Vittò ma...», fu tutto ciò che riuscì a dire.
«Cummarè – rispose dolcemente il bottegaio –, cummarè, ricît a mamma vosta ca cu ciént lîr v’ pozz fa sent sûl addôr».
Mentre la bambina infilava la porta d’uscita, balenando col sole sul collo, compar Vittorio richiuse gli occhi.
Il sospiro che seguì sollevò dal bancone uno sbuffo di polvere, che iniziò a rutilare intorno a un clandestino raggio di sole.
di Biagio Russo
Una bambina scarmigliata, sudata per l’afa e per la corsa, irruppe nella bottega di Vittorio il tabaccaio, sotto le colonne fasciste di Piazza della Croce. L'ometto pingue e calvo, seduto a rovescio, stava sonnecchiando placido sugli avambracci incrociati sullo schienale.
Il caldo pesava sul respiro e sui movimenti gastrici di una digestione lenta ma rumorosa. Persino le mosche, nell’inerzia pomeridiana d’agosto, tacevano tra gli scaffali polverosi e inerti, zeppi di contenitori dalle mille fogge.
La voce della creatura franò senz'argini nella sacra ara della controra: «Cumpà Vittò ha dìtt mamma se mi putît ra ciént lîr r’ spirît».
Alla luce rovente che aveva invaso il negozietto, e contro cui si stagliava la sagoma spigolosa della bimba, Vittorio il tabaccaio oppose un pigro grugnito, mentre la mano tozza e bianchiccia riparò gli occhi feriti dall’irruzione del sole. Si sollevò. Lentamente. Molto lentamente.
La leva sui gomiti gli evitò che le ginocchia informicolite lo ricacciassero sui vimini logori della sedia e si diresse verso un antro che ne inghiottì la rotonda figura.
Solo lo strascicare delle pantofole giungeva alle orecchie della bambina, che nel frattempo cercava di detergere il sudore con il dorso delle manine. Senza però accorgersi delle striature nere che involontariamente si disegnava sull'ovale lentigginoso.
Dopo un po', il trambusto nel ripostiglio cessò. E il lamento delle pantofole anticipò l'epifania di compar Vittorio.
Con una mano reggeva un damigianotto impagliato a metà, da cui si intravedeva lo sciabordare dell’alcool. Il moto ondulatorio accompagnava il lento ritmo tribale dei suoi piccoli passi. Con la sinistra reggeva invece un piccolo imbuto macchiato dal tempo.
La bambina si affrettò a tirar fuori dalla tasca del grembiulino una minuscola bottiglietta di gazzosa, che liberò del sughero. Lo schiocco rimbalzò sotto le travi tarlate. E attese.
«Cummaré sintît si è chist ca vôl mamma vosta».
L’odore familiare le punse le narici, e una smorfia le accostò le labbra al naso, mentre la testolina freneticamente assentiva.
Compar Vittorio richiuse il damigianotto e, lemme lemme, ritornò verso il nulla. La bambina, esterrefatta, con la bottiglietta a mezz’aria, osservava intanto i movimenti del tabaccaio, che ritornato si era appollaiato sulla sedia. Incrociò di nuovo le braccia sullo schienale e richiuse gli occhi, con l’espressione di un beato in paradiso. Silenzio.
La bambina farfugliò qualcosa per attirare l'attenzione e quando capì dai sopraccigli inarcati dell’ometto di essere osservata, sollevò la bottiglietta vuota agitandola più volte, a mo' di campanellino.
«Cumpà Vittò ma...», fu tutto ciò che riuscì a dire.
«Cummarè – rispose dolcemente il bottegaio –, cummarè, ricît a mamma vosta ca cu ciént lîr v’ pozz fa sent sûl addôr».
Mentre la bambina infilava la porta d’uscita, balenando col sole sul collo, compar Vittorio richiuse gli occhi.
Il sospiro che seguì sollevò dal bancone uno sbuffo di polvere, che iniziò a rutilare intorno a un clandestino raggio di sole.
Biagio Russo (Spinoso 1962) è laureato in lettere moderne e insegna. Per anni ha lavorato come redattore editoriale presso le Edizioni Osanna di Venosa. È giornalista pubblicista e ha collaborato con molte testate, quotidiane e periodiche. E' autore e curatore dell'unico sito web dedicato a Leonardo Sinisgalli. E' tra gli organizzatori di ArtEstateSpinoso. Ha pubblicato "Nonna raccontami una storia" (Lavello, 2002), "Il pezzo della salute - Poesia antropologiche" (Ed. Ermes, Potenza 2005).
4 Comments:
Grazie Biagio per aver concesso a LucaniArt questo bellissimo inedito e soprattutto per aver inaugurato la sezione "racconti clandestini". Una storia delle nostre parti "della memoria" insomma, quella di Compar Vittorio a cui hai saputo dare corpo con linguaggio robusto, lucido e soprattutto autentico.
A presto tra noi... Mapi
Grazie a te per la splendida accoglienza. Sei una straordinaria "anfitrione". Auguro al tuo blog lunga vita e a te... tanto vento nelle ali.
Biagio
Che dire? E' da quando ti conosco che sono innamorata del tuo modo di scrivere: quindi, niente di nuovo! Tranne un viaggio improvviso in un posto remoto, nel tempo e nello spazio, ma vivo e presente. Hai rapito i miei sensi e li hai catapultati in un'altra dimensione. Ho visto luci e ombre, ho sentito odori, ho ascoltato suoni e silenzi, ho assaporato l'arsura, ho lasciato le mie impronte sul bancone impolverato. Un attimo dopo, la bolla di sapone è scoppiata e sono tornata qui. Per ringraziarti.
Avvisami sempre!!!! Un caro saluto a tutt'e due i miei magici amici
Sa
compilmenti questo lavoro è davvero bello , elegante poroprio come i luicani
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